Forse chi non è proprio un teenager ha provato ieri una sorta di dolce nostalgia, ripensando ai giornalisti d’antan, che hanno costellato il cielo delle sue letture giovanili e mature, sia di quotidiani e riviste, sia di libri veri e propri che di questi singolari personaggi portavano la firma. Mi accontento di pensare al dopoguerra, ma non voglio tanto riferirmi alle star, consacrate dall’indubbio valore, ma anche dalla fortuna che ha saputo arridere alla loro carriera, come Montanelli, Biagi, Bocca, Fallaci: no, preferisco pensare al più romantico e velato giornalismo di provincia (che peraltro, dato il valore dei protagonisti, finiva inevitabilmente per farsi leggere anche sui maggiori giornali di Milano, Genova, Torino).

 

Un giornalismo particolare, in cui c’era, prima di tutto, l’anima! E poco importa se si trattasse di giornalismo sportivo (Gianni Brera è un nome per tutti) o di cronaca nera, che spesso raccontava anche solo della cosiddetta ligiera, la delinquenza un po’ artigianale e improvvisata, che ispirò romanzieri, poeti, cineasti, chansonnier. Non certo per celebrare il lato criminale, ma per cogliere qualche volta una patetica umanità fragile e malata. Ecco, il lato umano è ancora la chiave di volta: lato umano del protagonista di ciò che si narra e lato umano di chi narra. E non a caso dunque, ancor più ghiotti dei pezzi scritti per il giornale, erano e sono i libri di questi giornalisti, sul loro piccolo e per certi versi magico mondo di provincia. Sarà un caso, ma una delle città lombarde che più ha vissuto questa affascinante e nebulosa dimensione “giornalistico-letteraria” è proprio Pavia, da cui proviene anche l’ospite della conviviale promossa mercoledì 4 ottobre dal Rotary Treviglio e Pianura Bergamasca, per voler della Presidente Martina di Rubbo e con il supporto del giornalista concittadino e socio rotariano Fabio Conti. E’ intervenuto, per raccontare la sua personale esperienza, il giornalista de Il Giorno, Gabriele Moroni, pavese doc. Pur essendosi fatto un nome professionalmente a Milano, Moroni, la sua Pavia l’ha sempre nel cuore e, appena può torna ad ammirarla. Si è laureato a Pavia e qui ha cominciato a distinguersi come giornalista. «Anni di lavoro intenso – racconta con nostalgia – a seguire la cronaca della città e della provincia, da cui sono scaturiti tre libri. “Giallo Pavia”, “Pavia magica e misteriosa”, “Pavia prima pagina”. Grazie al tirocinio tutto pavese sono approdato a Il Giorno ed ho seguito, come inviato speciale, le più importanti vicende di cronaca nazionale. Dopo i libri “pavesi” ne ho scritti numerosi altri, fra questi “Fausto Coppi, uomo solo”, “Cronista in Calabria”, “Guerra alla droga: colpevole rinuncia”, “Ustica: la tragedia e l’imbroglio” ed ho curato l’autobiografia di Graziano Mesina “Io, Meisina”».

 

Poi è stato la volta de “Le bestie di Satana – Voci dall’incubo” (Ed. Mursia), un libro coraggioso ed importante. Un libro di voci. Le vittime parlano attraverso i diari, le lettere, le poesie che hanno lasciato. Parlano i carnefici. Parlano i genitori di entrambi, che sono sicuramente i personaggi più patetici». A questi libri di successo si sono aggiunti “Fausto Coppi … solitudine di un campione” (Mursia Ed.), un “viaggio” negli ultimi anni della vita del Campionissimo, cioè quelli del suo declino atletico ma anche quelli umanamente più toccanti e stimolanti dell’allora scabrosa vicenda con la Dama Bianca. E’ seguito poi “Risorgimento Lombardo, ieri e oggi”: 37 puntate di reportage per il Giorno sui luoghi del nostro Risorgimento,un confronto culturale e morale di notevole spessore. Recente è “Il Paròn” (Mursia Ed.), un avvincente libro di testimonianze sull’immenso personaggio del calcio nazionale che fu Nereo Rocco. Bella e lapidaria la risposta che Gabriele dà a chi gli chiede quale sia il suo vero rapporto con Pavia. «Un rapporto di lunga, reciproca fedeltà. Pavia mi ha dato tantissimo: le amicizie della vita, amori, affetti e una cosa soprattutto, la possibilità di fare l’unica professione che avrei potuto fare: il giornalista. A volte ripenso alla mia classe di liceo. Ne sono usciti docenti universitari, medici, avvocati, professionisti. Persone che nella vita hanno avuto un’ottima riuscita, ma ne sarebbero riusciti ugualmente bene se avessero seguito altre strade. Per me era diverso. Avrei potuto fare solo il giornalista. Se ci sono riuscito lo devo a Pavia».

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